Visita alla Chiesa di San Quirico e Giulitta
sabato 7 dicembre 2013
Alle ore 5 di sabato 7 dicembre 2013, ci ritroviamo davanti alla Chiesa. Nuccia comincia a spiegarci qualcosa sulla storia di questi Santi.
Martirio dei santi Quirico e Giulitta, manoscrittofrancese del XIV secolo

Quirico e Giulitta sono, nella tradizione della Chiesa cattolica e di tutte le Chiese Cristiane Orientali, madre e figlio piccolo, morti martiri probabilmente nel 304.
Degli atti del loro martirio si conoscono circa quaranta versioni, la maggior parte delle quali raccolta nella Bibliotheca Hagiographica Latina.
Questi testi presentano spesso episodi e circostanze che sembrano francamente fantasiose, al punto che già a metà del IV secolo emersero dubbi circa l'attendibilità completa di tutte le versioni.
La prima seria indagine sui due santi fu intrapresa dal vescovo Teodoro di Iconio che, sollecitato dal vescovo Zosimo, sulla base di testimonianze dirette e di documenti, epurò la narrazione dagli elementi spuri, proponendo una Passio che sostanzialmente corrisponde a quella pubblicata da Van Hoof, sotto il titolo di Acta greca.
Il lavoro di Teodoro è giunto sino a noi attraverso la suaLettera a Zosimo.
Secondo questa versione, dunque, Giulitta era una vedova, di facoltosa famiglia e di elevato lignaggio. Essa viveva ad Iconio, città della Licaonia (oggi in Turchia) durante la persecuzione di Diocleziano nei confronti delle prime comunità cristiane.
Essendosi convertita al cristianesimo e temendo per sé e per il figlio, lasciò i suoi averi e la sua città, fuggendo con due ancelle e con il figlioletto Quirico di tre anni.
Scoperta e catturata mentre raggiungeva Tarso, per ordine del governatore della Cilicia Alessandro, fu posta sotto tortura affinché accettasse, secondo la prassi, di sacrificare agli dei.
Pur nei tormenti la donna rifiutò di rinnegare la sua fede. A presiedere il giudizio era lo stesso governatore Alessandro che teneva sulle ginocchia il piccolo Quirico.
Le ripetute nerbate inflitte a Giulitta non facevano vacillare la sua fede, ma addirittura fecero sorprendentemente pronunciare al bambino: «Sono cristiano anch'io!». A queste parole il governatore scagliò il piccolo sui gradini del tribunale, facendogli battere la testa e uccidendolo sul colpo.
La madre rimase in preghiera, ringraziando il Signore perché il figlio l'aveva preceduta nella gloria dei Cieli. Il governatore Alessandro, pieno d'ira, la consegnò allora al boia perché fosse decapitata.
I loro corpi, recuperati da una delle due ancelle di Giulitta scampata alle persecuzioni, furono tenuti nascosti fino a che, in epoca costantiniana, il loro culto venne apertamente divulgato.
In numerose versioni si indica la città di Tarso come il luogo del martirio, anche se in altre è Antiochia.
Il sagrato

Nel 1861 (come risulta dalla data posta vicino alla porta principale) fu completata la pavimentazione dell'ampio sagrato in ciottoli marini bianchi e neri. Come sempre in questi casi le tessere, cioè le pietre arrotondate dal mare, sono disposte sul piano per comporre un disegno che qui è semplice, geometrico a losanghe, dove tre percorsi, originariamente in mattoni, convergevano verso la lunetta semicircolare davanti all'ingresso della chiesa.
Da notare l'armonia del sagrato, ben scandito, ben delineato, impostato su un impianto sobrio, essenziale, di chiara accessione classica, come la facciata-

La facciata
E' articolata con due ordini:
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nella parte inferiore si aprono 3 porte, contenute fra 4 piatte lesene, coronate da capitelli corinzi, su sfondo bugnato poco rilevato. a urna con
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il registro superiore è dominato da un'ampia finestra a lunetta semicircolare e si conclude con un frontone triangolare. all'estremo, per permettere all'occhio di possedere con chiarezza il volume, sono posti due vasi a urna con faci ardenti.
Il vertice del triangolo si chiude con una croce.
Entriamo....

L'interno si caratterizza per un grande vano rettangolare.

Nuccia ci fa notare il ritmo misurato da lesene... la volta a botte con grandi aperture a lunetta che illuminano lo spazio...
Il lungo fregio con girali fitomorfi alternati a teste di cherubini, realizzato da Giovanni Mola, risalente al 1872, come le dorature dei capitelli e le cornici eseguiti dal genovese Torsegno.
La volta è definita e ripartita da affreschi di Michele Cesare Danielli (1822-1854), il linguaggio usato oscilla tra l'accademismo e gli stili compositivi neobarocchi e si collega alla grande scuola barocca ligure.

Sulla volta della navata il grande medaglione mistilineo, che raffigura il martirio dei santi Quirico e Giulitta.
Lungo l'imposta della volta finte nicchie con David ed Isaia affiancati ai quattro evangelisti, si alternano ai finestroni




Il presbiterio, profondo ma di ampiezza minore rispeto alla navata, si collega alla parte principale con una lesena a libro e si conclude con una serie di colonne corinzie disposte a semicirconferenza.

L'altare maggiore, dedicato ai due titolari, era ornato da una pala effigiante Giulitta e Quirico in gloria )ora si trova nella cappella invernale con tutti i quadri dello stesso soggetto) e con l'altare che ha nel piano la prima reliquia della chiesa.



Visitiamo le quattro cappelle dela Chiesa, la prima, entrando sulla destra, è la Cappella di San Giovanni Battista.
Un altare dedicato al Santo c'era già nella Chesa seicentesca, attualmente è rimasta a San Quirico solo la pala d'altare, che rispetta l'iconografia diffusa e solita: c'è San Giovanni Battista in piedi sulla riva del Giordano che versa l'acqua sul capo del Cristo. Sula riva due angeli reggono un telo bianco e sul capo di Gesù, in una nuvola bianca, appare la colomba.
L'autore del dipinto è ignoto.

Proseguiamo la visita , con la Cappella del sacro Cuore, la seconda sul lato destro.
L'attuale dedicazione è recente, in origine la cappella era dedicata a N. S. del Rosario. Nel 1663, infatti, fu istituita nella Parrocchia, la Compagnia di N. S. del Rosario, alla presenza di un domenicano di Santa Maria di Castello, la cui presenza fu dovuta al fatto che pare sia stato San Domenico l'inventore de S. Rosario.
Il primo altare era di stucco, ma per la diffusione della compagnia in parrocchia, furono fatti lavori per costruire un nuovo altare su iniziativa dei Massari G. B. Grondona e Bartolomeo Lavagetto. Si tratta di un altare in marmo policromo eseguito dai marmaioli genovesi Francsco Sivoli e Domenico Caprile. Nella stessa occasione furono commissionate le 15 tavolette dei misteri e la statua lignea della Madonna col Bambino (non più esposta ai fedeli), attribuita a Pasquale Navone, discepolo del Maragliano.

Continuando, sulla parete destra, a lato dell'altare maggiore, troviamo un bellissimo dipinto di G. M. Delle Piane (1660 - 1745) detto Mulinaretto (perchè il nonno era mugnaio) , pittore genovese dotato di raffinata sensibilità, abilità tecnica, e attenzione realistica. Fu seguace di Van Dick e di Bernardo Carbone.
Il dipinto raffigura il transito di San Giuseppe

Simmetricamente a questo dipinto, ma sulla sinistra dell'altare si trova un dipinto del Fiasella, raffigurante Sant'Orsola.
La Santa è vestita riccamente perchè figlia di un re.
Il Fiasella acquisisce dal Rubens gli angioletti morbidi, paffuti, il ricco fluire del colore, gli improvvisi tocchi di luce, l'uso dell'oro, steso a grumi, e del colore rosso splendente, simbolo di carnalità, umanità, regalità, ma anche martirio.

proseguendo lungo la parete sinistra, incontriamo la Cappella dell'Immacolata, e la Cappella di Nostra Signora del Carmine.

Dai libri della parrocchia sappiamo che nel 1830 fu acquistata la tela di Domenico Piola, raffigurante la Madonna, il Bambino e Santa Teresa. Proprio Santa Teresa è il soggetto più importante del quadro: è colta nel momento in cui viene trafitto il suo cuore da un dardo d'oro che sulla punta ha il fuoco, momento che la santa annota nella sua autobiografia.
In questa tela, a reggere il dardo infuocato non è l'angelo (come descritto nell'autobiografia) ma è Gesù Bambino. La Madonna sorregge la mano di Gesù e sembra voglia confortare Teresa, ma resta in secondo piano, in penombra, come i puttini che assistono alla scena, lasciando in vista, in piena luce, i due protagonisti.
Prima di uscire dalla chiesa Nuccia mi fa vedere un delizioso affresco situato sulla porta, all'interno della sacrestia. Al di là del valore artistico, è un'immagine dolcissima che mi piace proporre a chi non lo avesse notato...

Carissimi amici, vi ho fatto aspettare tantissimo per questo
diario... Ma non trovavo le descrizioni delle opere che abbiamo potuto ammirare durante questa visita..... Ho potuto finire il lavoro ed arricchirlo con descrizioni puntuali ed interessanti grazie al contributo della nostra amica Nuccia Bevegni Carlini, che, oltre ad averci sapientemente guidato ed interessato durante la visita, mi ha gentilmente prestato i suoi "preziosi" appunti.
Grazie Nuccia!!!